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Comunicare attraverso gli abiti

Viviamo in un mondo nel quale la comunicazione occupa un posto centrale in ogni ambito della vita.

Ogni giorno visitiamo luoghi nei siamo raggiunti da messaggi di diverso tipo: le comunicazioni affisse sulle porte degli uffici, le pubblicità nelle stazioni, gli slogan sui cartelloni attaccati ai muri, le comunicazioni trasmesse dalla radio. Allo stesso modo le persone che ci circondano comunicano con noi costantemente e in modi diversi, spesso senza bisogno delle parole. Bastano uno sguardo, un movimento delle mani o una particolare posizione del corpo per comunicare uno stato d’animo o un messaggio.

Un manager deve sempre tenere conto della presenza e della diffusione di tutte queste diverse forme di comunicazione. Infatti, se la gente ormai è così abituata a essere bombardata da messaggi di ogni tipo, è lecito pensare che chiunque sia in grado di leggere il mondo che lo circonda e di recepirne i messaggi per poi formulare un proprio giudizio a seguito di un atto comunicativo. Un manager ha bisogno che gli altri, guardandolo e ascoltandolo parlare, leggano un determinato messaggio in lui e questo messaggio deve parlare di affidabilità, sicurezza, grinta e creatività.

In un mondo rapido come quello odierno la prima impressione spesso conta più delle parole ed è di questo che il manager si deve occupare, una volta analizzato con obiettività il proprio potenziale e l’efficacia di impatto della sua immagine. In una sorta di “marketing di sé” il manager deve costruire un “sé” capace di immettersi nel mercato dei giudizi e delle impressioni e di uscirne vittorioso. Non c’è dubbio che la prima cosa che salta all’occhio quando vediamo una persona è il modo in cui questa persona è vestita. Non le sue idee, non il suo coraggio, non le sue doti manageriali: i suoi abiti. Vestirsi è un costume proprio di tutte le civiltà umane e solamente di queste.

Gli abiti cambiano in base alle condizioni climatiche, alle occasioni, alla posizione sociale di chi li porta, ma rimangono comunque una caratteristica esclusivamente umana. Vestirsi è un atto che risponde a tre esigenze: la prima è quella igienica e comprende il bisogno di proteggere il corpo da fattori esterni, di scaldarlo quando fa freddo e di lasciarlo traspirare quando fa caldo. I vestiti, in questo senso, si scelgono in base al tessuto, che deve essere adatto alla stagione e alla forma, che deve coprire il corpo senza impacciarlo e senza soffocarlo.

Le regole dell’igiene prevedono che gli abiti siano lavati ciclicamente e che la biancheria intima, in modo particolare, sia di aiuto al corpo per proteggersi da sporcizia e impurità. La seconda esigenza a cui risponde l’atto del vestirsi è quella funzionale: dal momento che ogni giorno, in ogni momento, indossiamo degli abiti è chiaro che questi devono rispondere a dei criteri che legano quel determinato abito a quella determinata situazione. Ci saranno quindi i “vestiti da sport”, morbidi, comodi ed elastici, i vestiti “casual”, che si portano nelle occasioni informali non vincolate da stereotipi, i vestiti da “cerimonia”, che si indossano solo in tali occasioni, e i vestiti da “occasioni formali”, che seguono degli standard stereotipati.

Vestirsi risponde, infine, a un’esigenza rappresentativa: il modo in cui ci vestiamo parla di noi e lascia, quindi, una determinata impressione in chi ci guarda. L’esigenza rappresentativa risponde innanzitutto a uno scopo esterno, cioè dice agli altri chi siamo prima ancora che abbiamo modo di presentarci. Non è una questione di giudicare o meno chi ci sta di fronte, è un fatto concreto che può sperimentare chiunque: quando guardiamo qualcuno la prima cosa che notiamo sono gli abiti che questo qualcuno indossa, perché sappiamo che dietro a quegli abiti vi è una scelta che quella persona ha fatto al momento di vestirsi. In base a questa scelta è possibile indovinare il tipo di persona che si cela dietro a quei vestiti. Il manager, quindi, deve sempre tenere a mente l’importanza di ciò che indossa e crearsi un guardaroba coerente con l’immagine di sé che vuole che gli altri ricevano.

Per imparare quali sono gli standard nel suo campo è sufficiente che il manager osservi come si vestono i suoi superiori o i grandi personaggi intervistati in tv: imitando queste figure di spicco potrà creare uno stile sul quale poi lavorare per mettere qualcosa di suo, quel tocco grintoso, nei limiti dell’eleganza, che farà sì che chi lo incontra abbia di lui (o di lei) un’ottima impressione.

È chiaro che poi, per costruire una carriera, dietro alla prima impressione dovrà esserci una grande personalità in grado di gestire, oltre che la propria immagine, la propria carriera.