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La sfida del nuovo individualismo

Il manager è un professionista che ha bisogno di dimostrarsi flessibile rispetto alle continue fluttuazioni del mercato.

Allo stesso modo in cui i prodotti si trasformano in base alle mode o alle esigenze di un determinato momento, il manager deve gestire la propria professionalità in modo da presentarsi come adatto e competente in ogni circostanza e in ogni situazione. L’azienda nella quale il professionista lavora beneficerà di questa capacità trasformativa e premierà il manager in grado di mettersi continuamente in gioco e rivalutare le sue stesse opinioni alla luce delle tendenze in cambiamento del mercato.

Gli esperti dicono che il mercato, specchio della società nella quale esiste, si sta muovendo verso un individualismo sempre maggiore. Lo si può notare, a livello aziendale, nei cambiamenti che stanno subendo molte scelte organizzative strategiche, nella ricerca sempre più ampia di professionisti flessibili, rapidi e capaci di adattarsi alle diverse situazioni e nella continua ridefinizione dei ruoli all’interno dell’azienda, ruoli che tendono a diventare flessibili quanto flessibili devono essere le persone che di volta in volta li ricoprono. Infine è indice di questa tendenza verso l’individualismo una progressiva semplificazione degli organigrammi strettamente correlata alla necessità di flessibilità dei dipendenti. Il manager del terzo millennio deve intendere queste moderne tendenze come una sfida o, meglio, come una possibilità per dimostrare le proprie competenze e la propria capacità di leggere i movimenti del mercato e di seguirli. La necessaria manifestazione di questa tendenza all’interno dell’azienda riguarda quello che spesso viene definito il capitale umano, ovvero i dipendenti. All’interno di un panorama che si lascia alle spalle la stabilità e la cristallizzazione dei ruoli il capitale umano acquisisce una nuova importanza e delle nuove prospettive. L’individualismo di questa moderna sfida è inteso soprattutto in questo senso: l’individuo è al centro della scena perché ha la possibilità di gestire la sua situazione lavorativa, economica e sociale. Il manager che si muove nell’azienda tra tutte le altre figure professionali che tendono a prendere la strada verso l’individualismo deve imparare a gestire nel modo più corretto queste trasformazioni che avvengono intorno a lui.

La risposta più adeguata a queste trasformazioni consiste nel rispetto dell’individualità altrui. Appoggiare, quindi, il bisogno di emergere dei professionisti che abitano l’ambiente aziendale, rispettando le scelte di tutti e provando ad educare queste scelte e a convogliarle in direzione del benessere dell’intera azienda. L’individualismo, infatti, se in un primo momento si inserisce con difficoltà in una struttura gerarchica come quella aziendale, a lungo andare risulta una risorsa importante per l’azienda, perché il professionista che lavora per emergere esprime totalmente il suo potenziale. La situazione si presenta ribaltata rispetto a quella situazione critica che aveva caratterizzato gli anni Settanta: se prima i dipendenti avevano la tendenza a formare un’insieme poco collaborativo nei confronti dell’azienda e dei suoi obiettivi, oggi si registra una tendenza maggiore alla collaborazione e una volontà di impegno attivo nei confronti del bene dell’azienda.

Si può tranquillamente dire che i dipendenti iniziano ad assumere un atteggiamento “imprenditivo” che ha la stessa direzione di quello imprenditoriale e si manifesta in un crescente interesse, da parte di tutti i professionisti, nei risultati raggiunti dall’azienda. Si percepisce la crescente importanza di ciò che il contributo di ognuno rappresenta all’interno del risultato finale di un’operazione. Il compito del manager che si muove in questo panorama in trasformazione è quello di curare e assecondare il carattere imprenditoriale della propria professione. In questo modo potrà venire incontro anche alle esigenze “imprenditive” dei dipendenti dell’azienda, valutarne le capacità e assecondarne il potenziale. Il manager deve creare degli spazi all’interno dei quali queste nuove individualità abbiano la possibilità di esprimersi e di ragionare su quello che può essere il loro contributo per il bene dell’azienda nella quale lavorano.

Assecondare questa tendenza, anziché contrastarla, porta a risultati interessanti: quando, all’interno di un’azienda, ogni dipendente riconosce che il bene dell’intera struttura corrisponde al suo bene e quindi il suo impegno corrisponde a dei risultati concreti, l’impegno di questa persona crescerà in maniera esponenziale a vantaggio sia dell’azienda che della persona stessa.