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A cosa rinuncia il manager di successo

Quella del manager è una professione difficile, perché comporta continue scelte, decisioni importanti e una flessibilità professionale che deve seguire quella del mercato.

Vi è, inoltre, sempre il rischio di trasformare il lavoro nella propria vita escludendo dalla quotidianità tutte quelle attività rigenerative attraverso le quali il manager come persona ritrova sé stesso e il proprio equilibrio. Ogni professionista che si muove in un mercato che continuamente si trasforma e che, talvolta, diventa addirittura spietato deve mettere in conto delle rinunce.

Queste rinunce, sebbene consapevoli, implicano la sottrazione di qualcosa ed è spesso difficile considerarle in modo positivo, nonostante sia chiaro che la loro accettazione va a favore del successo lavorativo di chi le opera. Per il manager sono tre le principali rinunce. Al primo posto vi è il riposo: è difficile che un professionista in campo manageriale viva la sua attività lavorativa in pieno relax. Vi è una costante tensione provocata dalle responsabilità che questo lavoro comporta e questa tensione è in grado di aiutare il manager nel raggiungimento dei suoi obiettivi, nonostante l’altra faccia della medaglia mostri una diminuzione del tempo dedicato al riposo.

È anche importante notare che spesso è il manager stesso ad andare nella direzione della rinuncia al riposo, perché un’attività che regala soddisfazioni e riconoscimenti tende a occupare ogni spazio nella vita di una persona e lascia, quindi, un tempo limitato a tutte le attività che non riguardano la crescita professionale. La stanchezza è percepita in questo campo come un segno di debolezza, perché quello che fa di un manager un professionista di successo è la vitalità, intesa come sensazione di energia e capacità di creare e di innovare. Il manager vitale non può lasciarsi sopraffare dalla stanchezza e dalla pigrizia perché è consapevole che il mercato si muove ad altissima velocità e chi resta indietro difficilmente recupera il tempo perduto.

L’attenzione costante nei confronti della propria professione si trasforma spesso in uno stato di eccitazione che consente di mantenersi attivi in ogni occasione. Nonostante la soglia dello stress sia individuale, è frequente che i manager vadano incontro a situazioni di stress causate proprio da questo stato di eccitazione e dal mancato rilassamento che ne consegue. Lo stress, però, non sempre va inteso come un’ombra negativa che grava sulla vita del professionista: quando uno stress non esagerato aiuta il manager a partecipare in modo vitale e attivo alle attività in continuo movimento della sua professione si può dire che questa condizione vada a vantaggio dello stesso manager e della sua carriera.

La seconda rinuncia che riguarda il mondo manageriale è quella delle certezze. Il manager non può essere sicuro delle sue scelte finché non vede il risultato delle operazioni che ha fatto, né può essere sicuro del percorso che sta seguendo finché non raggiunge gli obiettivi che si era preposto. Rinunciare alla certezza vuol dire accettare come condizioni normali della propria professione l’ansia, l’incertezza e il dubbio. Più cresce la responsabilità di professionista più cresce, di conseguenza, l’impossibilità della certezza delle proprie scelte. Accettare questa condizione vuol dire vivere con serenità un aspetto preponderante della professione manageriale.

La terza rinuncia è la rinuncia alla comprensione. Il manager non può pretendere di essere sempre capito, nel senso che il suo ruolo è quello di innovare, quindi la prima risposta alle sue idee sarà spesso un’incomprensione seguita, talvolta, da un rifiuto. Talvolta si creano dei conflitti conseguenti a questa situazione, conflitti che il manager deve gestire in modo equilibrato facendo leva sulla forza delle sue idee e sulla propria competenza.

La rinuncia alla comprensione può portare alla solitudine, percepita dal manager in quanto professionista che sceglie sempre nuove strade e che ha bisogno di essere riservato per garantire il successo del suo operato. La solitudine nell’ambiente lavorativo deve essere accettata perché spesso rispecchia i bisogni professionali del manager, ma si può compensare con una vita privata piena di affetti, di amicizie e di attività volte a soddisfare l’io più sincero del manager.