Lavorare dopo la pensione è possibile, anche per l’azienda per la quale si aveva lavorato fino a poco tempo prima. Spesso un pensionato si ritrova infatti ad effettuare lavori di consulenza, che gli consentono però di proseguire con il collezionamento dei contributi e dunque con l’ottenimento della pensione. In caso siano trascorsi almeno 5 anni dalla data della pensione, si può decidere di svolgere un’attività lavorativa senza per questo subire un decurtamento o interruzione della pensione; il cosiddetto supplemento di pensione è infatti un incremento sul proprio vitalizio, di cui si può usufruire quando si ricomincia a svolgere un’attività lavorativa, ma solo una volta raggiunta l’età pensionabile per vecchiaia o i requisiti per la pensione anticipata dopo il 1° gennaio 2012.
Ciò significa che hanno diritto al supplemento di pensione tutte le donne dipendenti che abbiano compiuto 65 anni e 3 mesi al dicembre 2017; che corrispondono a 66 anni e 3 mesi per chi avrà diritto alla pensione dal gennaio 2018 al dicembre 2020. I mesi salgono a 9 per le lavoratrici autonome, e si pongono ad un anno esatto (66 anni e 3 mesi) nel caso di lavoratori e lavoratrici del settore pubblico. Chi è andato o andrà in pensione secondo il sistema contributivo, potrà comunque usufruire del supplemento di pensione, ma se diventa pensionato prima di aver compiuto il 63esimo anno d’età, e decide di tornare al lavoro da dipendente, perderà l’intero vitalizio; nel caso in cui dovesse riprendere a lavorare invece come autonomo, lo Stato gli decurterà il 50% della pensione che eccede la minima INPS. Questa circostanza viene applicata anche in caso di lavoratore, dipendente o autonomo, che non abbia superata la soglia dei 63 anni.
La possibilità di tornare a lavorare, è garantita anche a coloro che siano titolari di una pensione di invalidità da prima del 1984. La riforma vigente oggi regola le trattenute sulla pensione, che sono obbligatoriamente da compiere sulla base del nuovo reddito che il pensionato avrà a disposizione. In particolare, la pensione di invalidità non viene più erogata quando il lavoratore percepisce un nuovo reddito annuo con un lordo di tre volte superiore l’ammontare della minima. Se tale reddito si presenta invece all’interno di questo limite (che per l’anno 2015 corrisponde a €502,39 mensili), ci sarà, sulla pensione d’invalidità, una trattenuta pari al 50% della differenza tra l’importo lordo del nuovo lavoro e la pensione minima Inps; nel caso in cui il pensionato si stesse invece dedicando ad un’attività da lavoro autonomo, la trattenuta corrisponderà al 30%.